Più o meno una settimana fa ho finito il mio secondo anno di scuola. Il rischio di studiare da grandi è che si finisce per filosofarci sopra e voler condividere con gli altri le proprie riflessioni, cosa che non succede con chi studia a tempo debito (in realtà succede, ma per evitare di subirne le conseguenze basta non frequentare gli studenti del Dams). Alla fine dell’anno sai leggere e scrivere e fare di conto, tiri fuori dallo sgabuzzino secchiello e paletta in attesa di andare al mare senza star lì a riflettere su queste nuove competenze.
E invece io no, io ho opinioni su tutto! Per esempio sono settimane che rimugino sull’idea di scrivere qualcosa sul fatto che dare un’infarinatura sui concetti pratici e burocratici del proprio lavoro agli illustratori – comprese le autoproduzioni – sarebbe una buona cosa da non lasciare esclusivamente alla curiosità e buona volontà del singolo (approposito, un applauso a Ilaria e Francesca e Yatta per il corso Fisco senza paura per professionisti e hobbisti che è la cosa più utile che ho fatto quest’anno) o che usare frasi come “non ti preoccupare tanto poi se ne occupa il grafico” è una delle cose più dannose da dire a una persona che studia per fare l’illustratore nell’anno del signore 2015.
Rispetto all’anno scorso mi è sembrato – o è stato – un anno più faticoso. Sarà perché le materie per me erano più ostiche (ciao realismo fotografico con gli acrilici, riconosco e apprezzo la tua funzione nel mio percorso di acquisizione di competenze ma ti detesto cordialmente come il primo giorno che ci siamo incontrati.) sarà che quest’anno, ancor più dell’anno scorso, ho sentito su di me la sindrome della bicicletta smontata: non funzioni più come funzionavi prima (a fatica) ma non sei neanche riuscito ancora a rimontarti nella tua tua nuova forma più bella e agevole.
I miglioramenti sembrano arrivare tutti di colpo, dopo mesi in cui non avresti saputo disegnare una casetta col tetto a triangolo per salvarti la vita.
La sindrome della bicicletta smontata ha di bello che è piena di sbagli interessanti. Anche di sbagli miodioimieiocchiseppelliamoquestofoglioinunatombasenzanome, ma di quando in quando spunta fuori una cosa che non è come doveva essere, che ti fa vedere una strada nuova e la curiosità di provare a percorrerla.
Per esempio questa Madama volpe, che doveva venire fuori con la solita rassicurante aria tostoina e invece è un’altra cosa, un ectoplasma malinconico venuto fuori da chissà che scatola di dagherrotipi del secolo scorso, che solletica una vena di malinconia e tragedia e pozzi senza fondo di umore nero e tristezze inconsolabili che sono la prevedibile controparte della mia tendenza a buttar tutto in cazzata.
Chissà cosa succede a esplorare questa strada – cosa che probabilmente farò questa estate, domandandomi perché apparentemente il Giappone e il Molise hanno in comune delle storie folkloristiche sui matrimoni delle volpi (no, davvero, chiedete alla Marinelli).