Sake. Il Giappone in un bicchiere è un libro che avrei amato molto vedendolo in libreria anche non ci avessi lavorato.
Tutto in questo libro mi da’ soddisfazione: dalla carta – la copertina è in carta di riso, e gli interni in carta ecologica prodotta a partire dalle alghe – alla palette colori, al progetto grafico di Agnese Pagliarini che è di un’eleganza tale che mi ci vorrei vestire.
Come spesso mi capita, lavorare a questo libro mi ha dato la possibilità di affondare gioiosamente in un buco nero di ricerche di storia della cultura materiale, iconografia e cose de magna’. Ho passato una quantità di tempo che per dignità non voglio specificare a spulciare xilografie giapponesi, prendere appunti, guardare foto dell’Aspergillus oryzae visto al microscopio e bere cose con la scusa della ricerca.
L’aspergillus lo trovate sulla copertina del libro, è quel decoro graziosissimo sulla bottiglia del sake che sembra un fiore, e invece è proprio lui, un fungo filamentoso, ma carinissimo. C’è una bellissima puntata di Cooked di David Gelb sul rapporto tra la cultura alimentare umana e la fermentazione. I lieviti sono sempre insieme a noi: tanto vale farseli amici e farci cose buonissime.
Insieme a lui sulla copertina ci sono un’interpretazione tostoina di una scene di produzione di Mitsunobu Hasegawa sulle maniche del kimono della gentile signorina intenta a versare, e una spiga di riso (ma mica riso qualsiasi! Yamada Nishiki!).
Il resto delle mie felici immersioni le trovate nei pattern delle ceramiche nelle illustrazioni delle ricette, nei soggetti dei tessuti, nelle etichette delle bottiglie, nei motivi decorativi sulle bacchette… L’unica cosa che non ho ancora fatto è provare a replicare le ricette che ho disegnato e che mi hanno fatto venire una fame tremenda per tutto il tempo che ho passato sulla colorazione, ma l’inverno è lungo e devo solo capire se da Kathay vendono il katsuobushi.
Sono una persona che legge un sacco di libri con le figure e vive in una una casa molto piccola, e il real estate degli scaffali è costantemente conteso da una collezione di vinili che non accenna a smettere di lievitare. Ciò nonostante, questo è uno di quei libri che se l’è guadagnato eccome, un posto sui miei scaffali.
Teneteli d’occhio i Quinto Quarto, che fanno i libri belli. (e se siete abbonati alle box di Hoppipolla, probabilmente ve ne sarete già accorti)